Per quel sì strappato al nostro Ministero; per quei soldi che
ancora una volta hanno promesso, dopo un presidio permanente durato due giorni,
notte compresa, necessari per aumentare il fondo per la non autosufficienza e
per l'assistenza domiciliare ai disabili gravi e
gravissimi.
Poche ore dopo l’incontro, la vita di Raffaele, medico malato di
Sla, si è spenta.
Il suo cuore ha ceduto. Troppo stress, troppa
fatica.
E’ morto dopo quattro ore dalla conclusione dell’incontro dove era
intervenuto esortando gli interlocutori a fare presto, perché i malati terminali
non possono attendere.
Da martedì scorso, infatti, i malati Sla, hanno presidiato il
nostro Ministero perché, come i precedenti governi, anche questo esecutivo delle
larghe intese ha continuato a tagliare sui diritti sociali, sottraendo risorse
pubbliche al welfare, ai servizi essenziali territoriali, ai disabili, ai
minori, agli anziani non autosufficienti.
Li hanno costretti a fare nove presidi in un anno e mezzo per
ottenere l’attenzione delle autorità e Raffaele aveva voluto esserci anche
questa volta, davanti al nostro Ministero, dormendo in ambulanza: al chiuso,
protetto, ma aveva voluto esserci.
Disposti a tutto, anche allo sciopero della fame e della sete;
persino al distacco del respiratore artificiale.
E pensare che dal primo contatto, fuori dal palazzo, tra i
rappresentanti dei malati Sla e un responsabile dell’ufficio di Gabinetto,
avevano ricevuto, come risposta, quella che il presidio aveva sbagliato
indirizzo, perché “il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha competenza
sull’assistenza domiciliare”.
E così, l’incontro è stato concesso solo il giorno dopo l’inizio
del presidio, costringendo gli ammalati a passare una dura notte in tenda, in
ambulanza o nelle macchine, sotto il “palazzo” di Via XX
Settembre.
Costringere persone allettate e intubate, con le batterie a durata
limitata dei propri respiratori, a scendere in piazza per chiedere il rispetto
dei propri diritti è uno scandalo; ma è una vergogna senza precedenti lasciarle
in attesa due giorni.
Raffaele ha aspettato troppo, ha messo a repentaglio, insieme ai
suoi compagni di lotta, la propria vita per rivendicare che le risorse per il
welfare non sono costi improduttivi da tagliare, ma investimenti per ridurre
disuguaglianze, includere e creare buona
occupazione.
Raffaele ha lottato per ottenere dignità al posto della
carità.
Muore, così, un combattente.
Muore dopo aver portato avanti la sua battaglia fino al limite, perché i diritti di tutti i disabili sono più importanti della sua stessa vita.
Muore dopo aver portato avanti la sua battaglia fino al limite, perché i diritti di tutti i disabili sono più importanti della sua stessa vita.
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