Ministero dell'Economia e delle Finanze

Ministero dell'Economia e delle Finanze

martedì 12 marzo 2013

CISL SpA


E’ un’autentica galassia nella quale convivono società d’investimento lussemburghesi, fiduciarie e colossi bancari esteri.
Un reticolo di partecipazioni azionarie e accordi commerciali che conducono addirittura in Messico.
Se si provasse a immaginare chi si muove dietro uno scenario di questo tipo verrebbe alla mente, come minimo, un raider finanziario di livello mondiale.
E invece al centro del caleidoscopico sistema c’è la Cisl.
Già, proprio il sindacato, oggi guidato da Raffaele Bonanni, che nel corso degli anni sembra aver messo al centro dei suoi interessi il business.
Il tutto in un momento di crisi in cui in Italia, come qualche giorno fa ha certificato l’Istat, ci sono 3 milioni di disoccupati (11,7 per cento) e 2,8 milioni di precari.
Carte alla mano, lanotiziagiornale.it è in grado di documentare i poliedrici affari che stanno montando intorno al sindacato di via Po.

Eustema, la gallina dalle uova d’oro.
C’è una società romana che negli ultimi tempi sta facendo soldi a palate grazie alla pubblica amministrazione italiana. Si chiama Eustema e il suo core business sono consulenza tecnologica e produzione di software, attività grazie alle quali ha chiuso il 2011 con un fatturato da 40,3 milioni di euro e utili per 1,2.
Nel 2012, poi, la società si è aggiudicata due maxiappalti per servizi da fornire all’Inail. L’ultimo, bandito all’epoca dalla Consip (centrale acquisti del ministero dell’economia) per la manutenzione e lo sviluppo di tutti i siti internet dell’Inail, è stato vinto da Eustema in coppia con Accenture. Sul piatto la bellezza di 14 milioni di euro. Poco tempo prima, questa volta con un drappello di società, Eustema si era aggiudicata due lotti da complessivi 26,2 milioni per lo sviluppo di software per la gestione di contabilità, patrimonio, personale e comunicazione dell’istituto oggi guidato da Massimo De Felice.
Ebbene, di chi è Eustema?
Semplice, attraverso le due holding Finlavoro e Innovazione Lavoro, che ne detengono rispettivamente il 35,5 e il 33,6 per cento, fa capo proprio alla Cisl.
Ma le sorprese devono ancora arrivare.
Il 28,8% del capitale di Eustema, infatti, fa capo a una società informatica che si chiama E-World Consultant, dietro alla quale si trovano due fiduciarie. La prima si chiama Unione Fiduciaria e fa capo al mondo della banche popolari italiane (compaiono Banca popolare dell’Emilia Romagna, Banca popolare di Sondrio, Banco Popolare, Banca popolare di Milano e Ubi Banca). La seconda si chiama Servizio Italia, e per il 100% fa addirittura capo al colosso creditizio francese Bnp Paribas.
E’ appena il caso di ricordare che la società fiduciaria è una sorta di schermo, uno strumento al quale ci si affida per far amministrare beni senza rendere pubblica la propria partecipazione, in pratica senza metterci “la faccia”. 
Infine il residuo 2% di Eustema è in mano a Postecom, società tecnologica di Poste, il gruppo pubblico guidato da Massimo Sarmi con cui la Cisl ha un tradizionale rapporto. Qualche mese fa Eustema ha addirittura lanciato lo sguardo fuori dall’Italia. E così ha sottoscritto un accordo di partnership con Neoris, un gruppo informatico che ha sede a Miami ma è controllato da Cemex, colosso messicano che produce cemento e fattura qualcosa come 44 miliardi di dollari l’anno.
Con l’apporto di Neoris, in sostanza, Eustema punta a presentarsi ancora più forte alla cuccagna degli appalti pubblici nostrani.

Finlavoro, la holding di partecipazioni “sindacali”.
Altra consistente parte degli affari della Cisl passa attraverso Finlavoro, in pratica la finanziaria del sindacato di via Po.
A fine 2011, tanto per dirne una, nella sua pancia risultavano 1 milione e 70 mila euro di quote detenute in fondi comuni d’investimento.
Tra le più importanti partecipazioni di Finlavoro c’è il 40% della Edizioni Lavoro.
Si tratta della casa editrice del sindacato, attiva non soltanto nel settore dei manuali e dei saggi tematici, ma anche in quello dei romanzi.
Forte di ricavi 2011 per 556 mila euro, anche la Edizioni Lavoro presenta interessanti sorprese nel suo azionariato. Il 60%, infatti, è in mano alla Avagliano Editore, che a sua volta è controllata dalla Repas lunch coupon, ossia una delle società leader nel settore dei buoni pasto in diverse regioni italiane.
Ebbene, azionista di maggioranza della Repas, con 64,8%, è la Dynasty Investments, una società con sede a Lussemburgo.
Accanto alla quale, con il 7,9%, troviamo la Fedra, ovvero l’ennesima fiduciaria il cui capitale è da ricondurre a Banca Finnat, l’istituto della famiglia Nattino tradizionalmente vicino al Vaticano.
E per non farsi mancare niente, nei piani bassi della Finlavoro si sistemano altre 4 società partecipate.
Ce n’è per tutti i gusti.
La Assisind, che fattura circa 300 mila euro l’anno, si occupa di assicurazioni.
La Poker Travel Viaggi, anch’essa intorno ai 300 mila euro di ricavi, opera come agenzia di viaggio.
La Apogeo Servizi, di giovane età visto che è stata fondata nel 2009, agisce come concessionaria pubblicitaria di Labor tv, il canale televisivo della Cisl.
Infine la Euro Esse, che era nata sotto gli auspici di diventare un centro di ricerche e sondaggi, ma che da due anni è in liquidazione.


I vorticosi affari della Cisl, tra società lussemburghesi, fiduciarie e partner messicani, non rappresentano “questioni strettamente di attualità sindacale, economica e politica”.
Sono le parole utilizzate dallo staff di Raffaele Bonanni, il segretario generale del sindacato di via Po che in questo modo preferisce non rispondere alle domande che avrebbe voluto rivolgergli lanotiziagiornale.it, dopo l’inchiesta dedicata al multiforme business della Cisl.
Anche perché il contesto è quello di un periodo in cui in Italia i disoccupati hanno raggiunto quota 3 milioni, ed è come minimo naturale chiedere a un sindacato se sia normale fare affari con l’informatica, le assicurazioni, i viaggi, gli immobili, i fondi comuni d’investimento e via dicendo.
L’entourage di Bonanni, però, non può negare che ci troviamo di fronte “ad assetti societari a dir poco confusi, e che risalgono tra l’altro anche a epoche precedenti”.
Ma l’impressione è che gli uomini del segretario generale vogliano allontanare il problema da via Po, per scaricarlo su qualcun altro. Non si spiegherebbe altrimenti la richiesta di rivolgersi “ai responsabili legali delle società, totalmente autonome sul piano della gestione”, come se la Cisl non fosse a capo della catena di controllo.
Un tesoretto immobiliare da 64 milioni di euro.
Nel frattempo nei meandri degli interessi economici del sindacato spunta fuori anche un corposo pacchetto di immobili.
In questo caso la gestione passa per le mani di tre società immobiliari.
La prima si chiama Unitas, ed è controllata al 95% dalla sigla oggi guidata da Bonanni.
Ebbene, in pancia alla Unitas si trova una cinquantina di sedi provinciali del sindacato, a cui si aggiungono terreni e qualche centro studi sparso per l’Italia. I cespiti in questione, sulla base dell’ultimo bilancio relativo al 2011, valgono 21 milioni di euro.
Ma la società vanta anche riserve di utili distribuibili per 7,4 milioni e quote in fondi comuni di investimento per un controvalore di 2,1 milioni.
Di più, perché la Unitas detiene anche una partecipazione del 100% nell’Immobiliare Nuova Esperide, ennesimo veicolo che custodisce immobili e terreni per 16,1 milioni.
A tutto questo va affiancato il patrimonio immobiliare che fa capo all’Inas, il patronato della Cisl.
In questo caso il punto di riferimento è la Inas Immobiliare, che gestisce soprattutto immobili sociali e fabbricati destinati a uffici, per un valore in bilancio di 27,4 milioni.
Insomma, se si sommano tutti gli asset in carico alle immobiliari del sindacato viene fuori un tesoretto da 64,5 milioni.
Non c’è che dire, con quelli emersi dall’inchiesta, sono e rimangono numeri degni di una multinazionale.
Non certo di un sindacato che dovrebbe mettere la tutela del lavoro in cima alla sua agenda.


Non crediate che gli altri 2 porcellini siano da meno……..
La verità, è sempre rivoluzionaria!

sabato 2 marzo 2013

Il responso delle urne.


I mercati hanno reagito subito male.
Era ovvio, banche e finanza volevano la vittoria di uno schieramento "progressista" alleato con l'ex tecnico della Bocconi.
Se, poi, le elezioni avessero dato addirittura il successo a quest'ultimo, per i mercati sarebbe stato il massimo; comunque, erano disposti ad accontentarsi lo stesso.
E invece no, il flusso elettorale non ha seguito quel famoso "senso di responsabilità" tanto invocato.
Di fatto, le politiche di austerità, perché questo hanno subito capito all'estero, sono state bocciate.
Migliaia e migliaia di licenziamenti in meno di nove mesi, il più grave impoverimento di massa dalla fine della guerra, le previsioni sul futuro tutte pessimiste e gli italiani avrebbero dovuto farsi ammaliare ancora dal teatrino della casta che ci ha governato fin'ora?
Il palazzo, e anche i sondaggisti, si erano illusi che sarebbe stato così.
In fondo, le terribili controriforme delle pensioni e dell'articolo 18, i tagli alla scuola e alla sanità, erano passati senza quella rivolta sociale che abbiamo visto crescere in Grecia, in Spagna e in Portogallo.
I sindacati hanno approvato di tutto e di più; i loro gruppi dirigenti si erano equamente distribuiti tra il sostegno al centro e a quello del centrosinistra.
Anche le ruberie scandalose della classe politica, non ultima il MPS, sembravano suscitare più rancore che protesta.
Tutto faceva presagire ad una rappresentazione di regime che vedeva un voto passivo, disposto a votare secondo le indicazioni di quella troika europea che esercita la sua dittatura in Grecia.
Era tutto fatto.
Un programma di governo "responsabile" scritto in sede europea e noto come "agenda Monti"; una coalizione costruita con la garanzia della "pace sociale" in modo tale da non spaventare i moderati.
E invece sono andati in minoranza.
Perché sia i leader del centrodestra che del centrosinistra, che ora comunque fanno finta di aver vinto qualcosa, raccolgono il peggior risultato della storia delle loro coalizioni, rappresentando ciascuna poco più di un quarto dei voti espressi.
Perché l'ex Presidente del Consiglio, espressione diretta del potere bancario, ha mostrato gioia per il solo fatto di essere riuscito ad entrare alla Camera per il rotto della cuffia.
Perché tutti costoro, che ci hanno governato in alternanza negli ultimi venti anni e assieme negli ultimi tredici mesi, sono oggi minoranza nel corpo elettorale e nel paese. Ed è stato duramente sconfitto, insieme a loro, anche il Presidente della Repubblica che viene ora sottoposto ad una dura legge del contrappasso.
Dopo aver imposto la governabilità a tutti i costi in nome dello spread, dei mercati, si trova adesso a dover amministrare il più ingovernabile dei responsi elettorali.
Certo, il disagio e l'incredulità ci assale vedendo i milioni di voti che ancora raccolgono, ma le dinamiche elettorali, tra cui quelle populiste e scambiste (giusto per rimanere in tema!) sono ormai un impermeabile tessuto sociale.
Così come, in quel netto rifiuto esercitato con l'espressione di voto, certamente sono allocati interessi locali e individuali in contrapposizione con quelli collettivi e di giustizia sociale.
Comunque, siamo dentro ad una crisi di sistema che le vecchie politiche e i vecchi schieramenti possono solo aggravare.
Siamo solo all'inizio di un processo lungo e doloroso, dal quale si potrà uscire positivamente solo con l'eguaglianza sociale e il rovesciamento dell'austerità, con la difesa del pubblico al posto dei mercati, con una politica che difenda il territorio e l'ambiente dalla devastazione, che stravolga il rapporto dominante del capitale sul lavoro.
E questo, si potrà fare solo cambiando sistema, facendo saltare i calcoli e i conti di banche e finanza.
Sarà dura, molto dura; e noi, lavoratori pubblici del Mef, possiamo giocare un ruolo importante in questa partita.
Condizioni salariali disastrose (fondo di sede, cartolarizzazione, salario accessorio, blocco dei contratti e delle retribuzioni per tutto il 2013 e 2014), una ennesima "riorganizzazione" della struttura complessiva del ministero in funzione solo degli equilibri di potere esistenti, restrizioni delle prerogative democratiche e di partecipazione, odiosa gestione autoritaria dei lavoratori, servizi scadenti erogati all'utenza, mantenimento di sacche di clientelismo, sono un terreno di battaglia e di lotta al quale nessuno potrà sfuggire.
Ci sarà da tremare e da lottare, da pensare correndo.