Ministero dell'Economia e delle Finanze

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sabato 2 marzo 2013

Il responso delle urne.


I mercati hanno reagito subito male.
Era ovvio, banche e finanza volevano la vittoria di uno schieramento "progressista" alleato con l'ex tecnico della Bocconi.
Se, poi, le elezioni avessero dato addirittura il successo a quest'ultimo, per i mercati sarebbe stato il massimo; comunque, erano disposti ad accontentarsi lo stesso.
E invece no, il flusso elettorale non ha seguito quel famoso "senso di responsabilità" tanto invocato.
Di fatto, le politiche di austerità, perché questo hanno subito capito all'estero, sono state bocciate.
Migliaia e migliaia di licenziamenti in meno di nove mesi, il più grave impoverimento di massa dalla fine della guerra, le previsioni sul futuro tutte pessimiste e gli italiani avrebbero dovuto farsi ammaliare ancora dal teatrino della casta che ci ha governato fin'ora?
Il palazzo, e anche i sondaggisti, si erano illusi che sarebbe stato così.
In fondo, le terribili controriforme delle pensioni e dell'articolo 18, i tagli alla scuola e alla sanità, erano passati senza quella rivolta sociale che abbiamo visto crescere in Grecia, in Spagna e in Portogallo.
I sindacati hanno approvato di tutto e di più; i loro gruppi dirigenti si erano equamente distribuiti tra il sostegno al centro e a quello del centrosinistra.
Anche le ruberie scandalose della classe politica, non ultima il MPS, sembravano suscitare più rancore che protesta.
Tutto faceva presagire ad una rappresentazione di regime che vedeva un voto passivo, disposto a votare secondo le indicazioni di quella troika europea che esercita la sua dittatura in Grecia.
Era tutto fatto.
Un programma di governo "responsabile" scritto in sede europea e noto come "agenda Monti"; una coalizione costruita con la garanzia della "pace sociale" in modo tale da non spaventare i moderati.
E invece sono andati in minoranza.
Perché sia i leader del centrodestra che del centrosinistra, che ora comunque fanno finta di aver vinto qualcosa, raccolgono il peggior risultato della storia delle loro coalizioni, rappresentando ciascuna poco più di un quarto dei voti espressi.
Perché l'ex Presidente del Consiglio, espressione diretta del potere bancario, ha mostrato gioia per il solo fatto di essere riuscito ad entrare alla Camera per il rotto della cuffia.
Perché tutti costoro, che ci hanno governato in alternanza negli ultimi venti anni e assieme negli ultimi tredici mesi, sono oggi minoranza nel corpo elettorale e nel paese. Ed è stato duramente sconfitto, insieme a loro, anche il Presidente della Repubblica che viene ora sottoposto ad una dura legge del contrappasso.
Dopo aver imposto la governabilità a tutti i costi in nome dello spread, dei mercati, si trova adesso a dover amministrare il più ingovernabile dei responsi elettorali.
Certo, il disagio e l'incredulità ci assale vedendo i milioni di voti che ancora raccolgono, ma le dinamiche elettorali, tra cui quelle populiste e scambiste (giusto per rimanere in tema!) sono ormai un impermeabile tessuto sociale.
Così come, in quel netto rifiuto esercitato con l'espressione di voto, certamente sono allocati interessi locali e individuali in contrapposizione con quelli collettivi e di giustizia sociale.
Comunque, siamo dentro ad una crisi di sistema che le vecchie politiche e i vecchi schieramenti possono solo aggravare.
Siamo solo all'inizio di un processo lungo e doloroso, dal quale si potrà uscire positivamente solo con l'eguaglianza sociale e il rovesciamento dell'austerità, con la difesa del pubblico al posto dei mercati, con una politica che difenda il territorio e l'ambiente dalla devastazione, che stravolga il rapporto dominante del capitale sul lavoro.
E questo, si potrà fare solo cambiando sistema, facendo saltare i calcoli e i conti di banche e finanza.
Sarà dura, molto dura; e noi, lavoratori pubblici del Mef, possiamo giocare un ruolo importante in questa partita.
Condizioni salariali disastrose (fondo di sede, cartolarizzazione, salario accessorio, blocco dei contratti e delle retribuzioni per tutto il 2013 e 2014), una ennesima "riorganizzazione" della struttura complessiva del ministero in funzione solo degli equilibri di potere esistenti, restrizioni delle prerogative democratiche e di partecipazione, odiosa gestione autoritaria dei lavoratori, servizi scadenti erogati all'utenza, mantenimento di sacche di clientelismo, sono un terreno di battaglia e di lotta al quale nessuno potrà sfuggire.
Ci sarà da tremare e da lottare, da pensare correndo.

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