Ministero dell'Economia e delle Finanze

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sabato 6 ottobre 2012

Silenzio, si mena!


Ragazzi, dai 15 ai 18 anni, hanno occupato ieri le piazze italiane per chiedere una scuola che sia una scuola, un lavoro che sia un lavoro, un futuro che sia un futuro.
I tagli del governo dei banchieri, in perfetta continuità con il governo del bunga bunga, mistificati per aiuti alla gioventù, stanno distruggendo proprio il futuro dei nostri figli, di questi ragazzi coraggiosi che non sono disposti a farsi prendere in giro da chi lacrima a comando davanti alle televisioni o da chi è più avvezzo ai salotti buoni dei talk show.
Manifestazioni colorate, partecipate, condite dalla giusta e sacrosanta voglia di far sentire le proprie ragioni in un paese che si dichiara, a parole, democratico.
Ma venerdì è andato in scena, un'altra volta, un film dell'orrore.
Giovani studenti dei licei brutalmente picchiati, una violenza inaccettabile scatenata contro semplici ragazzi, alcuni dei quali appena adolescenti e che manifestavano per la prima volta. Una violenza che ricorda quella tristemente nota e che richiama le pagine più buie della nostra storia.
11 anni fa, nel 2001, tanti ragazzi come loro furono picchiati, massacrati di botte, sottoposti alle più crudeli vessazioni e umiliazioni, ad una vera e propria mattanza, soprannominata macelleria messicana, perché gridavano "un altro mondo è possibile".
Una vergogna italica che persino la sentenza dei giudici della quinta sezione penale della Cassazione ha ribadito sostenendo che le violenze delle forze dell'ordine e gli immotivati arresti di massa, hanno "gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero"; Amnesty International ha definito quei giorni di Genova "la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale".
E pensare che l'allora capo della polizia è, oggi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all'informazione e alla sicurezza.
Considerato quello che è successo venerdì, non possiamo che ribadire, purtroppo, che le prove tecniche di trasmissione, messe in atto a Genova nel luglio del 2001, continuano a dare i loro frutti avvelenati.
I frutti avvelenati di uno Stato che pianifica e decide che l'unica risposta è la repressione perché sa che chi chiede una scuola pubblica di qualità e risorse per studiare, sta chiedendo una cosa incompatibile con l’ordine che le classi dominanti hanno in mente.
Perché chi chiede per sé e per tutti noi un futuro, quel futuro è incompatibile con il presente che ci hanno imposto, con i tagli ai salari e ai diritti, con i sacrifici sempre a carico degli stessi, con questa finta politica dell’alternanza e della sua infinita immoralità e corruttela.

Ma di questa forza, incompatibile con il loro ordine e con la loro disciplina, hanno terribilmente paura.
Per questo con la mano sinistra licenziano, tagliano i salari e aumentano l’età pensionabile e, con la mano destra, impugnano il manganello e picchiano forte sulle teste e sulle schiene degli studenti e degli operai in lotta.
Guardate i video e le foto che girano sul web, sui social network, e ritrovate il coraggio di ragionare, di pensare perché la nostra dignità di lavoratori, in questo paese di pulcinella, ce la stanno violando giorno dopo giorno.
Noi, in quei cortei, siamo nati e di quei cortei siamo oggi padri e madri, fratelli e sorelle, e sempre lo saremo.
Questi ragazzi senza paura, sono la parte più combattiva di una generazione che è stanca di pagare, subire e piangere.
Una ragazza giovanissima, in corteo, ha detto che non vuole piangere più e che non le basta più neppure l’indignazione.
Vuole ricominciare a sorridere.
Quel suo sorriso, sarà la nostra arma contro questo governo e contro la sua repressione.

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