Le manovre lacrime e sangue, approvate in tutta fretta dal governo su volontà del FMI, della BCE e dai padroni, attaccano lo stato sociale e i diritti dei lavoratori: liberalizzazioni e privatizzazioni dei servizi pubblici fondamentali, tagli indiscriminati a salari, pensioni, istruzione, sanità, welfare e spesa sociale in generale, non fanno altro che peggiorare le condizioni di vita delle classi subalterne, sottraendo ricchezza alla collettività per trasferirla direttamente nelle tasche dei privati, dei soliti noti.
Questo disegno è coronato dalla prospettiva di una completa deregolamentazione del mercato del lavoro, seppellendo qualsiasi traccia di diritti collettivi con la precarietà e lo sfruttamento selvaggio.
Intanto però, i fondi per le banche e per le spese militari aumentano.
E’ inutile, quindi, che all’unisono si cerchi di smorzare la conflittualità e la rabbia che si diffonde nella società con la retorica della coesione sociale, perché ben altre sono le ricette elaborate da banche, padroni, governi nazionali e istituzioni europee; prevedono solo la macelleria sociale per tutelare i profitti dei padroni.
In questo contesto, per esempio, il concetto di meritocrazia e di premialità che si vuole inserire mediante il SIVAP nel nostro ministero, appare come una mera giustificazione ideologica.
La meritocrazia è solo uno strumento di esclusione sociale e di selezione di classe, che premia i soliti mentre penalizza tutti gli altri.
Rifiutare e opporsi a tali politiche, sia dentro sia fuori dal MEF significa, quindi, lottare affinché i diritti collettivi siano ancora una tutela per tutti.
Dalla crisi dei mutui subprime, la crisi economica sistemica è venuta a bussare alla porta del bel paese chiedendo il conto salatissimo di anni di speculazioni, di sfruttamento, di politiche scellerate che hanno svenduto i diritti dei lavoratori per i profitti di pochi.
Così, la storia non cambia, il metodo è sempre lo stesso: a pagare sono sempre i soliti, chi lavora, chi produce, chi rivendica una vita libera e dignitosa, ed ecco i tagli alla scuola pubblica, l'attacco di Marchionne ai diritti degli operai, le solite stupidaggini nei confronti degli impiegati statali.
Il 15 ottobre, a Roma, un popolo indignato scenderà in piazza contro lo scempio dei salari, del lavoro, delle pensioni, dei beni comuni, dei diritti economici, politici e sindacali operato mediante manovre economiche infinite in favore dei grandi gruppi industriali e finanziari e delle classi ricche e potenti.
Di fronte alle misure da massacro sociale imposte dalla Bce, l’unica vera e propria antimisura è quella di NON PAGARE IL DEBITO!
Per questo, il 15 ottobre saremo in piazza per affermare il nostro NO a chi vuole scaricare la crisi su chi, ogni giorno, è sfruttato e depredato di una vita e di un futuro dignitoso.
Il debito non l'abbiamo contratto noi, il loro debito non lo paghiamo!
15 ottobre 2011 - ore 14
P.zza della Repubblica - ROMA
LAVORATORI AUTORGANIZZATI
Ministero dell’Economia e delle Finanze
La crisi degli asini
RispondiEliminaUn uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio.
In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a euro 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto.
I contadini erano effettivamente un po' sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.
L'uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 euro per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali.
Il giorno seguente, offrì 300 euro a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio. Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 euro la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.
Il giorno dopo, affidò al suo socio la mandria che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l'ordine di vendere le bestie 400 euro l'una.
Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 euro, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca. Come era prevedibile, i due uomini d'affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli. Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il corso dell'asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere. Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune.
Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore).
Eppure quest'ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio ne quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti. Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l'aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia. Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità ... Venne innalzata l'età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate. Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini. Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato. Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente. Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio. E voi, cosa fareste al posto loro? Che cosa farete?