Il testo dell’accordo ricalca, in maniera pressoché identica, quello dell’anno scorso salvo la differenzazione della scala parametrale suddivisa per aree anziché per posizioni economiche.
Rimane, quindi, inalterato il legame indissolubile con il sistema SIVAD mediante le solite fasce di risultato già contemplate dalla tabella a) di cui al punto 1 dell’accordo nazionale siglato il 28 giugno 2011; così come rimane immutata la ripartizione per la corresponsione delle risorse aggiuntive derivanti dall’espletamento del servizio di assistenza fiscale prestato da parte dei lavoratori “unti” a questo specifico servizio.
Quindi, di “individuazione dei criteri e delle procedure”, c’è ben poco: si tratta, come al solito, di “accordi fotocopia” che hanno trovato spazio grazie alla collaborazione assidua da parte delle organizzazioni sindacali che, siglando a livello nazionale l’accordo quadro con l’amministrazione, di fatto trasformano il tavolo decentrato locale in una farsa dove i vari attori recitano, ognuno a secondo del ruolo ricoperto, il proprio copione.
Allora assistiamo ai “rivoluzionari” che siglano quello dell’anno scorso del 13 ottobre 2010 e non firmano questo che è identico; a quelli che non hanno siglato quello dell’anno scorso ma firmano questo perché forse accontentati su qualche richiesta personale; quelli che siglano sempre tutto ma quietano i propri rimorsi di coscienza mediante le solite e stantie note a verbale.
In questo quadro desolante, risalta solo la presenza di alcuni membri RSU “desindacalizzati” che hanno ancora la forza e la dignità di dire, a chiare lettere, le cose come sono realmente, chiamandole con il loro vero nome.
Vergognoso, per esempio, è il termine che descrive meglio, oltre il legame tra remunerazione e SIVAD, anche lo scempio che si attua nei confronti di tutti i lavoratori in merito alla corresponsione delle risorse del servizio di assistenza fiscale.
Infatti, si continua a favorire sacche di clientelismo interne che nulla hanno a che fare con questa lavorazione generando, da una parte, il furto di somme destinate a tutti e, dall’altra, la diminuzione della quota destinata proprio a quei lavoratori che effettivamente lo svolgono.
L’accentuazione della crisi economica ormai non permette più di sopportare tale inique nefandezze; non è concepibile che se per la quota del 20% del fondo di sede si ragioni nella misura di 200 euro lorde medie, per alcuni lavoratori si prospetta, oltre all’introito di questa somma, ulteriori 1.000 euro lordi (per alcuni, ancora molto di più), peraltro non spettanti.
Insomma, si continua a negare l’adozione di misure trasparenti, controllabili e partecipate, praticando una diversificazione reddituale totalmente ingiustificata.
Come lo chiamereste tutto questo?
LAVORATORI AUTORGANIZZATI
Ministero dell’Economia e delle Finanze
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