Ministero dell'Economia e delle Finanze

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giovedì 27 febbraio 2014

Sa che cosa deve fare.

Sembra che il nuovo governo, per poter vedere la luce abbia dovuto accettare alcune condizioni di Re Giorgio, tra le quali quella imprescindibile di un ministro dell’Economia plenipotenziario ed "indipendente".
La persona individuata è Pier Carlo Padoan, vicesegretario e capo economista dell’Ocse, direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, consulente della Bce e della Commissione Ue e, infine, presidente dell'Istat.
Insomma, una personalità indiscutibilmente "indipendente".
Padoan ci sembra un Monti un po' meno ingessato, in apparenza più casual, certamente molto affidabile e dalle idee chiare; già in passato, infatti, ricoprì il ruolo di consigliere economico con i governi Amato (quello che nottetempo fece un raid sui nostri c/correnti) e D’Alema e da lì, a poco, spiccò il volo verso l’empireo delle sciagurate strategie macroeconomiche internazionali made in Fmi.
Padoan è un liberista convinto, uno dalle verifiche a raffica e, soprattutto, uno di quelli che prediligono la chimera del mercato scriteriatamente libero, del lavoro flessibile e snello, cose che si sono tradotte puntualmente in un casereccio latifondismo post moderno e in un precariato senza prospettive e garanzie.
Il nuovo ministro ha caldeggiato e promosso la riforma Fornero ("la riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell’Italia"), in pratica la distruzione programmata, in nome dell’austerity, del futuro di una generazione e dell’avvento degli esodati.
Inoltre, Padoan ebbe tra le mani per numerosi anni, per gentile concessione del Fondo Monetario Internazionale e dell’Ocse, il caso Grecia; famose furono le sue asserzioni come "la Grecia si deve aiutare da sola, a noi spetta controllare che lo faccia e concederle il tempo necessario. La Grecia deve riformarsi, nell’amministrazione pubblica e nel lavoro".
Padoan licenziò a priori qualsiasi trattativa di aiuto economico e, per riforma dell’amministrazione pubblica e del lavoro, intendeva ridimensionamenti ottenendo così un innalzamento della disoccupazione (25mila dipendenti pubblici licenziati) e la totale estinzione di qualsivoglia tutela previdenziale e sociale.
In nome del rigore e delle riforme economiche, Padoan è stato, quindi, partecipe della crisi greca, crisi solo in apparenza alleggerita da un prestito a tassi criminosi da parte della Bce a condizioni inaudite.
Non solo la sua analisi si rivelò inutilmente aggressiva e inadeguata ma, soprattutto, controproducente per la sovranità del paese e senza reali risultati a medio e lungo termine.
Detto in maniera semplice, la consulenza dell’accanito Padoan, a nostro avviso, si rivelò un totale fallimento.
Ma se scaviamo un altro po' nel passato del nuovo ministro dell’Economia, ci troviamo un evento ancora più eclatante e significativo e, cioè, il default dell’Argentina del 2001.
Nel 2001, Buenos Aires fu costretta a dichiarare fallimento dopo che le politiche liberiste e monetariste imposte dal Fmi distrussero il tessuto sociale del Paese.
Padoan fu uno dei grandi sostenitori del liberismo economico argentino voluto dalla troika, un liberismo fuori controllo che portò il paese a dichiarare fallimento nel dicembre del 2001.
Padoan non è un economista amatissimo nell’ambiente e non è neanche particolarmente apprezzato dai colleghi più blasonati; il premio Nobel per l'economia Paul Krugman scrisse su di lui sul New York Times: "spesso gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno pessimi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse".
E va ricordato, infine, che fu lo stesso premio nobel ad accusare direttamente Padoan di aver portato la Grecia e il Portogallo, grazie proprio alle ricette economiche imposte, a un passo dal default totale.
Insomma, per Krugman non siamo proprio in mani sicure.

Nel teatrino della politica italiana, quindi, il ministero dell’Economia è fonte di discussione, come se il cambio del nome modificasse la politica economica.
Ma non è così.
Negli ultimi anni di ministri ne abbiamo visti tanti ma hanno fatto sempre la stessa politica piegata al rispetto dei folli trattati europei.
Se si vuole cambiare politica, si ha una strada sola: disobbedire ai trattati europei, non rispettare il 3% del deficit e, quindi, il pareggio di bilancio, il Fiscal Compact, non assumere nuovi impegni di stangate antipopolari che loro chiamano riforme, non pagare il debito.
Come nutriamo seri dubbi del fatto che si percorrerà questa strada, ci sono ottime probabilità che questo governo possa rivelarsi in un ennesimo esecutivo fantoccio che nasconde il terzo commissariamento economico consecutivo da parte della troika.
Il responsabile per gli Affari Economici e Monetari dell’UE, Olli Rehn, ha candidamente dichiarato qualche giorno fa che il nuovo ministro dell'Economia "sa che cosa deve fare".

Ne siamo certi: a pagare saranno sempre i soliti.

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