Ministero dell'Economia e delle Finanze

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venerdì 13 aprile 2012

CARTOLARIZZAZIONE: ci stanno uccidendo!


Da alcuni giorni è visibile il cedolino unico del mese di Aprile 2012.
Molti lavoratori aspettavano questo momento con ansia, sicuri di ricevere una “boccata di ossigeno” per andare avanti poiché, con il misero stipendio mensile già defalcato dalle varie tassazioni, è in pagamento anche la somma derivante dall'attuazione dell'art. 3 del comma 165 della legge 350/2003 (cartolarizzazione).
Purtroppo, si è verificato quello che solo noi, in splendida solitudine, avevamo denunciato lo scorso dicembre non appena “I SINDACATI” avevano firmato vittoriosi l’accordo con l’amministrazione circa l’individuazione dei criteri per la sua remunerazione.
La somma che abbiamo trovato in busta paga è ridotta di oltre il 65% rispetto all’anno precedente per i lavoratori in servizio presso tutti i dipartimenti del MEF eccezion fatta per quelli del Dipartimento delle Finanze che, buon per loro e grazie al peso politico della loro alta dirigenza, sono stati oggetto di una riduzione di gran lunga inferiore (percepiscono 3 volte tanto).
Insomma, lo abbiamo detto chiaramente che si tratta di un atto di odio di classe contro i lavoratori, di una lotta di classe alla rovescia con la quale pezzo dopo pezzo, le classi dominanti si riprendono tutto.
Questo sistema, quindi, ci sta uccidendo impoverendoci giorno dopo giorno, perché siamo considerati un costo che occorre abbattere, anche in senso fisico.
Sembra che esageriamo, ma è così.

Basta dare una sbirciatina all'ultimo Outlook pubblicato nei giorni scorsi dal Fondo Monetario Internazionale: "i rischi connessi a un aumento dell'aspettativa di vita sono molto alti: se entro il 2050 la vita media dovesse aumentare di tre anni più delle stime attuali, aumenterebbero del 50% i già elevati costi dei sistemi di welfare". Il rapporto continua sostenendo "che le persone vivono più a lungo e questo, sebbene sia molto desiderabile e abbia aumentato il benessere individuale, tuttavia ha fatto aumentare i costi collegati a una maggiore aspettativa di vita che i governi devono sostenere in termini di piani pensionistici e assistenza sanitaria. Le implicazioni finanziarie di una vita più lunga sono molto ampie e il rischio è notevole, soprattutto in termini di sostenibilità fiscale (potrebbe fare aumentare il rapporto debito/pil) e solvibilità di istituti finanziari e fondi pensione. I rischi collegati alla longevità, se non affrontati in modo tempestivo, potrebbero avere un ampio effetto negativo su settori pubblici e privati già indeboliti, rendendoli più vulnerabili ad altri shock e potenzialmente minando la stabilità finanziaria e potrebbero minare nei prossimi anni e decenni la sostenibilità fiscale, complicando gli sforzi fatti in risposta alle attuali difficoltà fiscali".
Quindi, il prolungamento della vita media, motivo a fondamento di tutte le drammatiche “riforme” pensionistiche basate sulla necessità di parametrare l'età pensionabile con le aspettative di vita, è diventato il vero problema.
Il nuovo "modello sociale", pertanto, dovrà essere plasmato sui criteri della “competitività”, sul lavoro flessibile, pagato poco, senza inutili rigidità come quelle garantite dai diritti, da un salario dignitoso, senza servizi sociali o miracolose attese per la vita dopo il lavoro.
Il ciclo di vita si deve consumare per intero dentro la fase produttiva; il dopo non è un problema del capitale e dell'economia.
Se hai una struttura, una rete familiare e rendite che ti possano garantire, bene; altrimenti spegniti, muori senza dare ulteriore fastidio, senza pretendere cure, reddito, casa, assistenza pubblica.
Il sistema capitalista considera le persone fisiche, al pari dei macchinari, delle merci, dei servizi, come elementi dei processi di produzione da cui estrarre plusvalore ma, pur sempre, un costo.
E, in tempi di crisi, di sovrapproduzione di capitale, tenere gente in vita è più un costo che un'opportunità.
La storia ci ha insegnato che in queste fasi, le guerre hanno sempre risolto "le cose", rilanciando l'accumulazione della ricchezza mediante la distruzione di una parte di essa, di macchine, di merci, di persone.
Ma una guerra per l'eliminazione della capacità produttiva in eccesso e per un dimagrimento sociale può essere fatta anche senza le armi, attraverso l'impoverimento di massa, l'abbattimento dei diritti, i licenziamenti, la mobilità, la precarietà, i suicidi e gli omicidi sui luoghi di lavoro.
L'incapacità di ribellione e la rassegnazione allo stato delle cose (meglio questo che niente!) dimostrano, purtroppo, che molti di noi sono già morti, senza rendersene conto.
Noi, comunque, siamo ancora qui, siamo ancora vivi.

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