Ministero dell'Economia e delle Finanze

Ministero dell'Economia e delle Finanze

lunedì 30 aprile 2012

1° maggio


L’anno passato è stato pesante  e quello attuale è ancora di più per precari, lavoratori, pensionati, migranti, licenziati, cassa integrati, studenti.
La scelta liberista di uscire dalla crisi con la recessione è una follia e sta provocando un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita.
Il mondo sta dicendo no ai governi dei padroni e delle banche, alle disuguaglianze sociali ed economiche, alle speculazioni finanziarie, agli obblighi di pareggio di bilancio, al pagamento del debito, al rifinanziamento delle banche e delle istituzioni internazionali che ci hanno portato sull’orlo del baratro.
In Italia, abbiamo la massima rappresentazione di cos’è il governo delle banche; non è necessario fare un lungo elenco, basta ricordare il golpe bianco dettato dai potentati finanziari con l’instaurazione di un governo tecnico che, politicamente, sta facendo in pochi mesi ciò che al precedente Presidente del Consiglio non era riuscito di fare in anni di (mal)governo.
80 miliardi di finanziaria stanno strangolando l’economia italiana, in nome del pagamento degli interessi alle banche e della finanziarizzazione della vita (smantellamento della previdenza pubblica, ulteriori privatizzazioni del patrimonio pubblico e comune, pseudo liberalizzazioni).
La controriforma del mercato del lavoro, che un parlamento bulgaro, senza opposizione alcuna, sta promulgando, fa fare un passo avanti al processo di precarizzazione della vita, aumenta il già alto livello di ricatto sul lavoro stabile e smantella, di fatto, le ultime protezioni rimaste.
Si completa, in questo modo, il disegno di totale subalternità del lavoro e dei lavoratori agli interessi di pochi speculatori, così come l’inserimento dell’obbligo di pareggio di bilancio nella Costituzione completa il processo di asservimento della politica agli interessi finanziari.
Le scelte economico-politiche guardano lo spread e il compiacimento dei compagni di merenda internazionali, più che il paese reale per costruire un futuro su basi diverse.
Quindi, una finanziarizzazione della vita che oramai è un tutt’uno con la precarizzazione della vita.
E la condizione precaria, è LA condizione del mondo del lavoro e della vita di oggi; la condizione precaria è nomadismo migrante, poiché la condizione lavorativa che, oggi più che mai, rappresenta in modo paradigmatico la condizione precaria è proprio quella del lavoro migrante.

Tuttavia è esistente, nel paese, un ribollire continuo che attraversa i luoghi di lavoro ed i territori. Un ribollire caotico e scomposto, alcune volte cieco, altre volte muto, eppure sempre crescente.
E’ necessario, quindi, favorire e ricomporre la conflittualità differenziata esistente oggi nel paese, unire i diversi rivoli per creare un torrente impetuoso e una cascata in grado di travolgere la diga del disegno politico-finanziario che sulla pelle dei lavoratori, dei precari e dei pensionati vuole ribadire e mantenere il proprio potere, la propria ricchezza e garantire la propria perpetuazione.
E' importante rivendicare, a piena voce, il diritto all’insolvenza, il non pagamento del debito illegittimo, l'accesso ai beni comuni, naturali e immateriali, la libera circolazione e il libero accesso ai saperi e alla loro condivisione.
Chiedere l'abolizione della riforma del mercato del lavoro Fornero-Monti, l’introduzione di un salario minimo, il ripristino dei diritti fondamentali del lavoro, il diritto alla casa e alla vivibilità, il sostegno all’affitto, la riappropriazione degli alloggi sfitti e la pratica delle occupazioni degli spazi come forma di liberazione sociale, contro qualsiasi occupazione militare di territori per finalità diverse da quelle stabilite dalla popolazione locale.
Il salario, un reddito garantito e il diritto al lavoro, come scelta di libertà e di autodeterminazione, contro ogni forma di subalternità, controllo sociale e discriminazione di genere.

Con queste parole d’ordine, ci apprestiamo ad attraversare le calde giornate di maggio e a vivere la Mayday, come un trampolino di lancio per nuove lotte e nuove conquiste.
Il primo maggio facciamo risuonare per le strade del mondo il canto della nostra rabbia: siamo il 99% e loro solo 1%, non dimentichiamo, non perdoniamo.
Ovunque MayDay MayDay!




Piazza 24 Maggio (Porta Ticinese)
ore 15 - MILANO



LAVORATORI AUTORGANIZZATI
Ministero dell’Economia e delle Finanze

venerdì 27 aprile 2012

17 aprile 2012



Lo scorso 17 aprile è stata siglata l'ipotesi di accordo tra la delegazione di parte pubblica e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della dirigenza e del personale delle aree funzionali, per la definizione dei criteri di ripartizione delle risorse per il Fondo Unico di Amministrazione e per quello della separata area della dirigenza, anno 2011.
Si tratta, più semplicemente, della definizione delle quote di ripartizione tra i lavoratori e la dirigenza delle somme provenienti dal servizio di assistenza fiscale e dall'economie di gestione che sono state individuate rispettivamente, nel primo caso, nel 92% per il personale delle aree funzionali e nell'8% per la dirigenza (quota identica a quella dello scorso anno); nell'87% e nel 13%, per il secondo (lo scorso anno era dell'85% e del 15%).
L'accordo ha conseguito il consenso di tutte le organizzazioni sindacali (tranne quelle più fondamentaliste della dirigenza) che, in maniera più o meno simile, hanno giustificato l'adesione al testo con l'aumento, a favore dei lavoratori, di 2 punti di percentuale della quota di ripartizione dell'economie di gestione.
Riassumendo, si può tranquillamente sostenere che l'ipotesi di accordo prevede, a differenza di quello del 2010, l'elargizione di una piccola mancia dirigenziale, considerando che le organizzazioni sindacali rappresentative del personale delle aree funzionali sono anche le stesse che rappresentano, sullo stesso tavolo e con una spiccata capacità di ubiquità, anche quella dirigenziale; insomma, se la suonano e se la cantano.
Ma i lavoratori non si devono troppo illudere poiché la "mancetta" sarà riassorbita nell'ambito del più vasto e corposo saccheggio delle somme del FUA che, oramai, ogni anno si ripete puntualmente; pagamento incontrollato delle indennità di turno e di reperibilità, ambigua consistenza numerica dei lavoratori impegnati nel servizio di assistenza fiscale, posizioni indennitarie degli uffici di diretta collaborazione con l'opera del Ministro.
In conclusione, la prossima e imminente ipotesi di accordo sull'individuazione dei criteri di assegnazione del FUA 2011, complementare all'ipotesi siglata il 17 aprile, manterrà inalterata quell'ampia zona grigia di clientelismo e di ingiustificata diversificazione reddituale.

Ma il 17 aprile è accaduta anche un'altra cosa.
Il Senato, seguendo le imposizioni dell’UE che, ossessivamente, ha chiesto di varare leggi, preferibilmente di rango costituzionale necessarie per rendere permanenti le politiche di austerità, ha votato, in quarta deliberazione, il disegno di legge di controriforma dell’art. 81 della Costituzione, introducendo il principio dell'equilibrio delle entrate e delle spese, il cosiddetto "pareggio di bilancio".
I governi europei, infatti, hanno deciso di imporsi il pareggio di bilancio, dandogli persino valore costituzionale, quasi si trattasse di un principio fondante delle nostre democrazie, e il Parlamento Italiano ha obbedito e cambiato l’art. 81 in modo da impedire, alle istituzioni pubbliche, politiche di correzione del ciclo economico a sostegno dell’occupazione, di redistribuzione del reddito o di fornitura di servizi pubblici a garanzia dei diritti sociali.
Sul piano costituzionale si rischierà di avere anche un conflitto fra norme; l’art. 3, infatti, assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano lo sviluppo delle persone e l’uguaglianza delle stesse. Cosa accadrebbe, per esempio, nel caso in cui lo Stato, per via del vincolo di bilancio, dovesse intervenire ulteriormente sulla scuola o sulla sanità intaccando i livelli percepiti come "essenziali" dalla popolazione?
Questo significa, pertanto, che sarà impossibile investire ma, soprattutto, attivare una serie di diritti previsti dalla nostra Costituzione: il diritto alla scolarità che non deve essere "per ceto", l’assistenza sanitaria gratuita per tutti, il diritto a una serie di servizi alla persona.
Ora, interpretando la Costituzione e facendo perno sull’articolo 81 così come modificato, tutti questi diritti primari non saranno più esigibili. O, almeno, saranno subordinati al vincolo del pareggio di bilancio.
Quindi, la questione è molto semplice: il senso di questa "riforma" costituzionale è che se uno "vuole" dei diritti, se li deve pagare.
Allarmante, poi, è stato il silenzio corale che ha accompagnato questo processo di modifica costituzionale, su un tema di così rilevante portata.
Il cerchio si chiude se si riflette, infine, sul fatto che la modifica è stata approvata mediante il quorum dei due terzi dei componenti nella seconda votazione, sia alla Camera che al Senato, impedendo, in tal modo, la possibilità di essere sottoposta a referendum popolare.


Non c'è che dire, il 17 aprile, purtroppo, è proprio un giorno da ricordare.



LAVORATORI AUTORGANIZZATI
Ministero dell’Economia e delle Finanze

martedì 24 aprile 2012

La Liberazione, un esercizio quotidiano.



Il 25 aprile del 1945 i partigiani liberarono l'Italia dall'occupazione nazifascista: la popolazione civile insorse contro le truppe occupanti e molte città italiane vennero liberate grazie alla determinazione e al coraggio dei partigiani, ancor prima dell'arrivo delle truppe alleate.
Il 25 aprile, quindi, celebriamo la ricorrenza di una grande lotta di popolo, la lotta dei partigiani che non solo hanno combattuto contro l'oppressione ma volevano costruire anche un paese migliore, più giusto.

Oggi, il governo Monti e la sua maggioranza politica che lo sostiene, applicano la più feroce ortodossia liberista e predispongono, in linea con le direttive emanate dall'UE e dalla BCE, lo smantellamento delle conquiste sociali nate dalla Resistenza e dalle lotte del dopoguerra.

Ciò, avviene al di fuori di qualunque sovranità e controllo popolare, in una progressiva espropriazione della democrazia a favore dei "mercati" che lascia concretamente intravedere il rischio di svolte autoritarie in tutta Europa: in questo momento, infatti, massima è l'offensiva del capitale finanziario e industriale contro milioni di lavoratori e lavoratrici, precari, giovani, donne, migranti e pensionati, privati del proprio lavoro, dei propri diritti, del proprio futuro.

Oggi non basta solo ricordare la Resistenza, ma bisogna renderla attuale e viva, in ogni luogo di lavoro, in ogni città.
La lotta per la Liberazione, per noi, è un esercizio quotidiano.

domenica 15 aprile 2012

Ogni giorno è il 15 Aprile.

E ogni giorno era il 15 Aprile.
E ogni giorno sarà sempre il 15 Aprile.
E ogni giorno ci chiediamo se mai ci sarà verità.
Vittorio se la merita.
Gliela dobbiamo.
Per quello che ci ha lasciato, per l'esempio della sua scelta, per essere stato un attivista unico, libero da qualunque appartenenza di potere o di schieramento, un uomo tra gli uomini, che non aveva scelto di vivere Gaza arroccato e protetto negli appartamenti dei clan delle grosse multinazionali della cooperazione, ma immerso nella realtà quotidiana del popolo che voleva proteggere.
Condividendo.
Perché solo così, per Vittorio, si poteva capire davvero. E solo capendo davvero, per Vittorio, si poteva essere efficaci.
Glielo dobbiamo perché ci ha lasciato la sua forza, il suo coraggio e il suo senso della disciplina.
Perché seguono le sue orme donne e uomini che, proprio oggi come domani, hanno scelto di essere lì, dove Vittorio ha lasciato il suo testimone.
Glielo dobbiamo per la sua ironia, per le risate che sapeva strappare anche nelle situazioni più improbabili e per la sua scrittura viscerale e pulsante, di cui non smetteremo mai di sentire la mancanza.
Per aver ridato dignità e speranza a chi ancora crede che l'informazione non sia un prodotto da vendere, ma uno strumento sacro al servizio della verità. 
E non permetteremo mai che si dimentichi.
Né che la strada che ci ha indicato diventi un vicolo cieco.
E' una promessa che onoreremo ogni giorno, perché ogni giorno sarà il 15 Aprile.

RESTIAMO UMANI

LAVORATORI AUTORGANIZZATI
Ministero dell’Economia e delle Finanze

venerdì 13 aprile 2012

CARTOLARIZZAZIONE: ci stanno uccidendo!


Da alcuni giorni è visibile il cedolino unico del mese di Aprile 2012.
Molti lavoratori aspettavano questo momento con ansia, sicuri di ricevere una “boccata di ossigeno” per andare avanti poiché, con il misero stipendio mensile già defalcato dalle varie tassazioni, è in pagamento anche la somma derivante dall'attuazione dell'art. 3 del comma 165 della legge 350/2003 (cartolarizzazione).
Purtroppo, si è verificato quello che solo noi, in splendida solitudine, avevamo denunciato lo scorso dicembre non appena “I SINDACATI” avevano firmato vittoriosi l’accordo con l’amministrazione circa l’individuazione dei criteri per la sua remunerazione.
La somma che abbiamo trovato in busta paga è ridotta di oltre il 65% rispetto all’anno precedente per i lavoratori in servizio presso tutti i dipartimenti del MEF eccezion fatta per quelli del Dipartimento delle Finanze che, buon per loro e grazie al peso politico della loro alta dirigenza, sono stati oggetto di una riduzione di gran lunga inferiore (percepiscono 3 volte tanto).
Insomma, lo abbiamo detto chiaramente che si tratta di un atto di odio di classe contro i lavoratori, di una lotta di classe alla rovescia con la quale pezzo dopo pezzo, le classi dominanti si riprendono tutto.
Questo sistema, quindi, ci sta uccidendo impoverendoci giorno dopo giorno, perché siamo considerati un costo che occorre abbattere, anche in senso fisico.
Sembra che esageriamo, ma è così.

Basta dare una sbirciatina all'ultimo Outlook pubblicato nei giorni scorsi dal Fondo Monetario Internazionale: "i rischi connessi a un aumento dell'aspettativa di vita sono molto alti: se entro il 2050 la vita media dovesse aumentare di tre anni più delle stime attuali, aumenterebbero del 50% i già elevati costi dei sistemi di welfare". Il rapporto continua sostenendo "che le persone vivono più a lungo e questo, sebbene sia molto desiderabile e abbia aumentato il benessere individuale, tuttavia ha fatto aumentare i costi collegati a una maggiore aspettativa di vita che i governi devono sostenere in termini di piani pensionistici e assistenza sanitaria. Le implicazioni finanziarie di una vita più lunga sono molto ampie e il rischio è notevole, soprattutto in termini di sostenibilità fiscale (potrebbe fare aumentare il rapporto debito/pil) e solvibilità di istituti finanziari e fondi pensione. I rischi collegati alla longevità, se non affrontati in modo tempestivo, potrebbero avere un ampio effetto negativo su settori pubblici e privati già indeboliti, rendendoli più vulnerabili ad altri shock e potenzialmente minando la stabilità finanziaria e potrebbero minare nei prossimi anni e decenni la sostenibilità fiscale, complicando gli sforzi fatti in risposta alle attuali difficoltà fiscali".
Quindi, il prolungamento della vita media, motivo a fondamento di tutte le drammatiche “riforme” pensionistiche basate sulla necessità di parametrare l'età pensionabile con le aspettative di vita, è diventato il vero problema.
Il nuovo "modello sociale", pertanto, dovrà essere plasmato sui criteri della “competitività”, sul lavoro flessibile, pagato poco, senza inutili rigidità come quelle garantite dai diritti, da un salario dignitoso, senza servizi sociali o miracolose attese per la vita dopo il lavoro.
Il ciclo di vita si deve consumare per intero dentro la fase produttiva; il dopo non è un problema del capitale e dell'economia.
Se hai una struttura, una rete familiare e rendite che ti possano garantire, bene; altrimenti spegniti, muori senza dare ulteriore fastidio, senza pretendere cure, reddito, casa, assistenza pubblica.
Il sistema capitalista considera le persone fisiche, al pari dei macchinari, delle merci, dei servizi, come elementi dei processi di produzione da cui estrarre plusvalore ma, pur sempre, un costo.
E, in tempi di crisi, di sovrapproduzione di capitale, tenere gente in vita è più un costo che un'opportunità.
La storia ci ha insegnato che in queste fasi, le guerre hanno sempre risolto "le cose", rilanciando l'accumulazione della ricchezza mediante la distruzione di una parte di essa, di macchine, di merci, di persone.
Ma una guerra per l'eliminazione della capacità produttiva in eccesso e per un dimagrimento sociale può essere fatta anche senza le armi, attraverso l'impoverimento di massa, l'abbattimento dei diritti, i licenziamenti, la mobilità, la precarietà, i suicidi e gli omicidi sui luoghi di lavoro.
L'incapacità di ribellione e la rassegnazione allo stato delle cose (meglio questo che niente!) dimostrano, purtroppo, che molti di noi sono già morti, senza rendersene conto.
Noi, comunque, siamo ancora qui, siamo ancora vivi.