Ministero dell'Economia e delle Finanze

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mercoledì 14 dicembre 2011

Samb e Diop.

Samb Modou e Diop Mor non erano “degli africani ambulanti”, ma nostri concittadini al pari di chi scrive o di chi sta leggendo queste parole.
Avevano dei sogni, degli amori, un progetto di vita.
La loro uccisione interroga tutti ma quanto successo deve essere affrontato eliminando immediatamente la retorica della '“follia di un pazzo”, come banalmente ricondotto dai media in queste ore, e calato, invece, all’interno della recente storia politica.
Una storia fatta di pogrom, dalle molotov al campo Rom di Ponticelli a Napoli all'incendio contro il campo delle Vallette a Torino, dal tiro al piccione a Castelvolturno alle violenze nel lager agricolo di Rosarno, stragi ripetute che travolgono tutto e, soprattutto, investono gli ultimi della scala dei diritti.
La storia recente è una via crucis di odio etnico, di sublimazione delle tensioni sociali trasformate in violenza sul più povero; chi ha ucciso i fratelli Samb e Diop e ferito altri tre connazionali, di cui uno sta lottando contro la morte, non è un folle, perché non esiste la pazzia a comando.
E’ solo il frutto marcio dell’odio coltivato a lungo nel silenzio generale, tollerato e foraggiato istituzionalmente, che chiama a raccolta il germe del fascismo organizzato, del razzismo, della xenofobia, dell’intolleranza.
Dobbiamo essere consapevoli che la crisi sistemica in corso non genera automaticamente nuova democrazia, come molti vanno sbandierando, con nuovi diritti e nuove opportunità, ma è uno spazio pericolosamente incerto nel quale ogni esito, ogni soluzione, anche la peggiore, è possibile.
Dalla crisi si può uscire, oltre che sempre più poveri, anche con meno diritti, con meno democrazia e con un assetto politico durissimo.
Contrastare tutto questo, dipenderà solo da noi.
Da quanto saremo capaci ad aprirci senza paura agli altri, difendendone i diritti comuni per costruire “l’alternativa” all’interno dei conflitti sociali esistenti e in quelli che si metteranno in moto nel futuro immediato, per edificare un’altra società possibile.
Occorre costruire ponti laddove la crisi separa e divide, pensare collettivamente e non individualmente, coltivare terreni per unire in conflitti comuni pezzi di società che si vuole, invece, in competizione per la povertà anziché compagni per la riappropriazione e per la redistribuzione della ricchezza socialmente prodotta.
Dobbiamo percorrere questa strada anche qui da noi, ad esempio, al MEF, dove il sistema di valutazione del personale delle aree (SIVAP), minando la coesione tra lavoratori e mettendo gli uni contro gli altri alla mercé dirigenziale, fa distogliere lo sguardo dalla vera controparte e impedisce la costruzione di un fronte compatto che rivendichi salario, diritti per tutte/i e difesa del lavoro pubblico come bene comune.

Anche se temiamo che sia solo l’inizio, l’esito comunque non è scritto.
Ci vediamo a Firenze, sabato insieme agli altri fratelli.
Con Samb e Diop nel cuore.

LAVORATORI AUTORGANIZZATI
Ministero dell’Economia e delle Finanze

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