Hanno
mandato alcuni avanzi di televisione a fare un miserevole, inutile e costoso
show nei campi profughi in giro per l’Africa ma, alla fine, bastava fare quattro
passi in periferia per trovare i lager nascosti dietro
casa.
Dalle
disinfestazioni contro la scabbia a Lampedusa, alle condizioni inumane del CIE
di Ponte Galeria di Roma.
Ma
una nuova forma di protesta, forse più violenta di una rivolta vera e propria è
in atto.
E’
quanto sta avvenendo, infatti, da sabato 21 dicembre al CIE di Ponte
Galeria.
Hanno
iniziato in 4, poi in 8 e da ieri sono 15 i migranti che si sono cuciti le
bocche.
Un
gesto estremo, per denunciare quanto sia insopportabile il trattenimento nei
centri di identificazione ed espulsione.
Quello
che chiedono è la tutela della dignità umana, tempi di trattenimento o di
espulsione più rapidi, assistenza legale e sanitaria.
Diritti
che sono sistematicamente violati.
Questi
centri sono il buco nero della democrazia e della politica italiana, intrisa di
noncuranza, d’avversione xenofoba, di disorganizzazione assoluta,
d’ipocrisia.
Facciamo
finta di apprendere ciò che si sa benissimo, come se ci trovassimo di fronte
alla scoperta di realtà sconcertanti.
Insomma
un bignami dei vizi italiani.
Probabilmente
molti di noi, educati a pensare che l’immigrazione sia il guaio di questo Paese,
importa poco di ciò che accade nei CIE; ma, forse, dovrebbe importare il fatto
che, grazie alle politiche economiche e alle attenzioni riservate ai lavoratori,
stiamo incominciando a ricevere lo stesso trattamento, stiamo diventando anche
noi immigrati nel nostro paese.
Questo
è il forte grido che ci giunge dai nostri fratelli migranti; non possiamo più
aspettare.
I
CIE devono essere chiusi.
Questo
è il nostro più sincero augurio.
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