Ministero dell'Economia e delle Finanze

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lunedì 23 dicembre 2013

Bocche cucite.



Hanno mandato alcuni avanzi di televisione a fare un miserevole, inutile e costoso show nei campi profughi in giro per l’Africa ma, alla fine, bastava fare quattro passi in periferia per trovare i lager nascosti dietro casa.
Dalle disinfestazioni contro la scabbia a Lampedusa, alle condizioni inumane del CIE di Ponte Galeria di Roma.
Ma una nuova forma di protesta, forse più violenta di una rivolta vera e propria è in atto.
E’ quanto sta avvenendo, infatti, da sabato 21 dicembre al CIE di Ponte Galeria.
Hanno iniziato in 4, poi in 8 e da ieri sono 15 i migranti che si sono cuciti le bocche.
Un gesto estremo, per denunciare quanto sia insopportabile il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione.
Quello che chiedono è la tutela della dignità umana, tempi di trattenimento o di espulsione più rapidi, assistenza legale e sanitaria.
Diritti che sono sistematicamente violati.
Questi centri sono il buco nero della democrazia e della politica italiana, intrisa di noncuranza, d’avversione xenofoba, di disorganizzazione assoluta, d’ipocrisia.
Facciamo finta di apprendere ciò che si sa benissimo, come se ci trovassimo di fronte alla scoperta di realtà sconcertanti.
Insomma un bignami dei vizi italiani.
Probabilmente molti di noi, educati a pensare che l’immigrazione sia il guaio di questo Paese, importa poco di ciò che accade nei CIE; ma, forse, dovrebbe importare il fatto che, grazie alle politiche economiche e alle attenzioni riservate ai lavoratori, stiamo incominciando a ricevere lo stesso trattamento, stiamo diventando anche noi immigrati nel nostro paese.
Questo è il forte grido che ci giunge dai nostri fratelli migranti; non possiamo più aspettare.
I CIE devono essere chiusi.

Questo è il nostro più sincero augurio.

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