Le aziende che non hanno ancora delocalizzato chiudono i battenti al ritmo di
una quarantina al giorno; la cassa integrazione cresce a ritmo esponenziale; la
disoccupazione dilaga; una cospicua parte di quelli che ancora lavorano è
impegnata a far quadrare i conti a fine mese; altri sono impegnati in lavori
saltuari; donne e uomini, precari da una vita, non trovano speranza per una
definitiva stabilizzazione della propria esistenza; ragazzi e ragazze, i nostri
figli, con lavori intermittenti, discontinui, a chiamata, flessibili,
sottosalariati schiavizzati e schiacciati da un fututo incerto; ma a fronte di
questo tremendo scenario, il
sottosegretario Gianfranco Polillo sembra avere scoperto la formula magica per
innalzare il Pil: basta rinunciare ad una settimana di ferie.
Sembra una gag
di Crozza ma è realtà, pura realtà.
Il
"tecnico" del governo Monti, ex consulente di Giulio Tremonti, ha dichiarato,
infatti, che "nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del
Paese lo choc può avvenire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni
di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia
troppo breve. Se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un
impatto sul pil immediato di circa un punto".
L'idea non è
nuova; infatti la propose anche Fiorella Kostoris Padoa Schioppa, moglie del fu
Tommaso, con l'unica differenza che il Pil crescerebbe solo dello 0,1% anzichè
dell'1%.
Insomma, se per le statistiche il
lavoratore italiano lavora mediamente 9 mesi l'anno e che una settimana di
lavoro equivarrebbe ad un punto di Pil, basterebbe rinunciare ad una settimana
di ferie per innalzare di un punto di percentuale il nostro prodotto interno
lordo.
Abituato a dividersi
fra i salottini buoni della televisione e le auto blu del nostro ministero, fra
una seduta alla Camera e un articolo per il Sole 24 Ore, il sottosegretario deve
avere ormai perso (se mai l'avesse mai avuta) ogni contatto con la realtà,
arrivando a pensare che gli italiani lavorino tutti in maniera continuativa e
facciano tutti tre mesi di ferie l'anno.
Non gli è
passato neppure per l'anticamera del cervello il fatto che questo
dato rappresenta semplicemente un elemento statistico, derivante dalle
molteplici situazioni in cui si scontrano i lavoratori italiani.
Parte dei quali,
lavora precariamente un mese si e due no, o un paio di mesi durante l'estate;
oppure, al contrario, si può permettere non più di un paio di settimane l'anno
di ferie e, in tanti, ormai neppure più quelle.
Se stiamo affogando nella
"popò" è proprio perché la banda bassotti di cui anche Polillo fa parte, sta
progressivamente eliminando qualsiasi prospettiva di lavoro decentemente
retribuito, attraverso tutta una serie di processi che spaziano dalla
delocalizzazione al dumping sociale, dallo smantellamento della pubblica
amministrazione alla devastazione del welfare sociale, dalla riforma delle
pensioni a quella del lavoro, dalla mobilità ai licenziamenti di
massa, dall'introduzione dell'IMU all'aumento dell'IVA.
Comunque, c’è da dire che il
sottosegretario non è nuovo a queste uscite come quando definì il referendum
sull’articolo 18 "un mezzo imbroglio"; quando difese le banche contro i conti
correnti gratis per i pensionati; o che "gli accordi firmati dagli esodati con le aziende possono essere
nulli".
E come dimenticare,
infine, il "parere favorevole" espresso sulla proposta di legge per tassare cani
e gatti?