Nelle ultime 48 ore
abbiamo assistito a due grandi mobilitazioni avvenute qui, al MEF di Via XX
Settembre.
Centinaia di lavoratori hanno accolto l’appello lanciato
dalla locale RSU e hanno fatto sentire la loro voce e la loro rabbia
sull’ennesimo furto perpetuato da questo scellerato
governo.
Erano anni che non si vedevano tante persone insieme
scendere con determinazione in lotta e riappropriarsi degli spazi e dei luoghi
comuni che le norme repressive emanate sui posti di lavoro, gli hanno da tempo
tolto.
Certo, qualcuno potrebbe sostenere che quando si tratta
di soldi, tutti si sensibilizzano immediatamente e la cosiddetta “coscienza di
classe” si risveglia dal torpore; insomma, piove su
bagnato.
Ma, questa volta, l’attacco alle tasche dei lavoratori è
talmente feroce che in molti hanno messo da parte l’indolenza cronica che li
attanaglia, quell’anestesia generale indotta dall’alienazione del lavoro
salariato e hanno compreso che oramai non c’è più tempo da
perdere.
Nessuna delega, ma solo partecipazione
attiva.
Ed è quello che sta
accadendo.
Chi ha i capelli bianchi, o chi li ha persi del tutto,
si è ritrovato nel cortile centrale rivivendo momenti storici di lotta e
mobilitazione che hanno segnato la vita di tanti; ma accanto, si sono viste
anche facce nuove, di giovani, degli assunti nelle ultime procedure concorsuali
che hanno respirato per la prima volta, un’aria del tutto nuova, quella della
solidarietà della categoria e della vicinanza dei bisogni
comuni.
Questo ci fa ben sperare per il
futuro.
La violenza del padrone, di questo governo dei poteri
forti è inaudita; mediante i suoi tecnici, consulenti e ragionieri, già dallo
scorso mese di giugno, con il bilancio di assestamento approvato successivamente
a settembre, non solo hanno tagliato i fondi unici ma, da esperti biscazzieri,
inseriscono nel Ddl di stabilità la norma rapina con la quale si
prevede che dal 1° gennaio 2016 le risorse destinate annualmente al trattamento
accessorio del personale siano congelate e, quindi, non superare quelle a
disposizione per il 2015.
Et voilà, il gioco è fatto e, ancora una volta,
unitamente all’elemosina messa sul piatto dei rinnovi contrattuali, i lavoratori
dipendenti saranno coloro che dovranno pagare in prima persona il conto
preparato dai pescecani della finanza, dai corruttori, dal malaffare e dagli
evasori fiscali.
Ma se abbiamo individuato bene chi è la controparte dei
lavoratori, occorre anche fare chiarezza ed eliminare alcuni
equivoci.
In questi giorni, infatti, si notano i volti di alcuni
rappresentanti di organizzazioni sindacali che, ormai messi all’angolo del ring,
come pugili suonati tentano di “cavalcare” la protesta, di mettere la consueta
bandierina con una squallida operazione di
restyling.
Da sempre, sosteniamo che senza memoria, non c’è futuro
e, per fortuna, considerata che la memoria è anche un ingranaggio collettivo,
noi ci ricordiamo bene di quello che è avvenuto negli anni passati, di quelle
organizzazioni sindacali che, in fase di rinnovo contrattuale, hanno siglato
accordi con i vari governi che si sono succeduti, distraendo gli aumenti
salariali spettanti ai lavoratori in via fissa e continuativa per deporli nella
parte accessoria.
Non ci dimentichiamo, certamente, di come i loro
rappresentanti sindacali rivendicavano, anche qui al MEF, con superbia e
alterigia, la necessità inderogabile di differenziare il salario e, a chi gli
faceva notare che quelli erano i veri aumenti salariali spettanti, rispondevano
con la loro solita spocchia e presunzione.
Anzi, chi sosteneva il pericolo e l’aleatorietà di
queste somme nel considerarle accessorie, il vincolo ricattatorio a cui venivano
sottoposti i lavoratori nel loro utilizzo e proponeva la loro stabilizzazione
con l’istituzione della 14ma mensilità, veniva emarginato e indicato come un
povero e inutile demagogo.
E così, nei vari anni, fermi i contratti, con il loro
salario accessorio i lavoratori si sono pagati di tutto, dalle riqualificazioni
ai vari sistemi d’incentivazione alla produttività e al miglioramento dei
servizi, fino ad arrivare ai giorni nostri con il loro drastico
ridimensionamento.
E’ paradossale vederli ora gridare allo scandalo e
tentare di esercitare persino il ruolo di “capopopolo”; in realtà, sono stati il
loro
carnefice.
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