Si chiamava Davide, ma i compagni, per offenderlo, lo chiamavano il "ragazzo dai vestiti rosa".
Davide è morto di omofobia, ieri
pomeriggio.
Si è ucciso poco dopo le 17.
Non ce l'ha fatta più a sopportare quegli insulti che lo
perseguitavano da troppo tempo.
I compagni lo denigravano da quando si era iscritto al liceo, in
una zona centrale della Capitale.
Un tormento quasi quotidiano.
A scuola.
Ma anche sul web.
Avevano persino creato una pagina facebook, in cui lo prendevano
continuamente in giro per i suoi modi di fare e anche per l'abbigliamento, per
il suo colore preferito, il rosa.
Quella pagina era là, visibile a tutti, da
tempo.
E questo Davide lo sapeva bene, forse si era anche
rassegnato.
E martedì, quando si è presentato a scuola con lo smalto alle
unghie, lo hanno deriso ancora e apostrofato "frocio",
“ricchione”.
E dopo che una professoressa lo aveva ripreso per lo smalto,
dicendogli che “non era il caso”, è tornato a casa e si è impiccato con la sua
sciarpa.
A 15 anni.
Quel che è certo e che Davide voleva solo essere se
stesso.
Voleva essere semplicemente Davide, un ragazzo con i pantaloni
rosa.
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Riceviamo e pubblichiamo:
ho ricevuto la vostra email e sono genitore di uno
dei compagni di classe del ragazzo tragicamente scomparso.
Vi chiedo di non ripetere lo stesso errore commesso
da molti organi di stampa in questi giorni, di non prendere lo stesso abbaglio,
e di verificare le notizie prima di pubblicare commenti e opinioni non sostenute
da fatti reali.
Noi, i compagni di classe, gli insegnanti, che
stiamo vivendo in prima persona questo dramma sappiamo come stanno
effettivamente le cose, ma nessuno si è preso l'onere di venircelo a chiedere
prima di pubblicare articoli basati solo su supposizioni. Solo ieri qualcuno si
è fatto vivo è ha iniziato perlomeno a porsi qualche dubbio, quando ormai le
notizie false avevano iniziato a diffondersi in maniera incontrollata.
Quindi, pur essendo consapevoli che, in questi
casi, la cosa migliore che si può fare per rispetto dei familiari e delle
persone coinvolte in questo dramma, è mantenere un rispettoso silenzio, vi
chiedo cortesemente di pubblicare il comunicato che è stato redatto ieri dai
compagni/insegnanti della classe del ragazzo (e concordato anche con il
dirigente scolastico), e inviato a vari organi di stampa per rispondere alle
numerose falsità che sono state diffuse.
Saluti.
(firmata).
Comunicato "Noi insegnanti"
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Comunicato "Noi insegnanti"
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Gentile collega,
innanzitutto la
ringraziamo per la sua testimonianza.
E' difficilissimo, di
fronte ad una vita spezzata di un giovane ragazzo, trovare le parole e le
modalità per discutere su quanto possano influenzare i luoghi comuni o le
notizie a mezzo stampa.
Ci basiamo solo sulle
poche frasi che una madre distrutta dal dolore ha pronunciato: "Lo hanno
crocefisso come Gesù: ora voglio giustizia".
E lo stesso
Presidente della Repubblica ha espresso preoccupazione "per il persistere di
intollerabili atteggiamenti omofobi che ledono i diritti e la dignità della
persona e ai quali bisogna opporre un fermo rifiuto".
Per questo, non
possiamo condividere la logica che lei ci invita a praticare del "mantenere
un rispettoso silenzio", perchè questo vuol dire solo continuare ad
alimentare comportamenti e gesti che, invece, devono essere non solo condannati
ma estirpati dalla coscienza civile.
Ci creda, non ci
appartiene né la cultura del sospetto né tantomeno quella della
diffamazione.
Nessuno vuole
criminalizzare nessuno, e nessuno vuole generalizzare.
Noi siamo convinti,
infatti, che saranno gli stessi compagni di scuola, i tanti ragazzi che lo hanno
veramente amato, a fare giustizia di quello che è accaduto, aprendosi in modo
trasparente così come faceva lui, con i suoi pantaloni rosa e lo smalto alle
unghie.
Distinti
saluti.
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