Ministero dell'Economia e delle Finanze
venerdì 24 aprile 2015
martedì 21 aprile 2015
Un crimine
“Se voi, però,
avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che,
nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in
diseredati e oppressi da un lato e privilegiati e oppressori
dall’altro.
Gli uni sono la
mia Patria, gli altri miei stranieri”.
Sono trascorsi
cinquant’anni da quando Don Lorenzo Milani scrisse queste
parole.
Cinquant’anni dopo
le sue parole sono, purtroppo, ancora molto attuali; si pensi alla guerra dei
poveri prodotta da questa globalizzazione non degli uomini ma delle merci e dei
capitali virtuali, una guerra causata dalle politiche neoliberiste a vantaggio
di un’ élite internazionale.
Proprio con queste
parole, vogliamo
ricordare le nostre sorelle e i nostri fratelli che nel mare hanno trovato la
propria tomba mentre fuggivano dalla miseria e dall’oppressione, inseguendo il
sogno e la speranza di una vita migliore.
Oggi piangiamo i
nostri fratelli e urliamo la nostra rabbia per l’ennesimo crimine annunciato,
vittime del neocolonialismo occidentale, delle sue politiche di rapina, di
guerra imperialista, di destabilizzazione.
Vittime delle
politiche proibizioniste, quindi migranticide, di un’ Unione Europea
che ha gettato alle ortiche perfino i più basilari dei diritti umani, quello
alla vita e all’asilo.
Il criminale che ha
ucciso i migranti nel Canale di Sicilia,
quello che devasta interi paesi dell’Africa e del Medio-Oriente, quello che alimenta il
terrorismo fondamentalista, che cresce nei paesi balcanizzati e che, a volte, ci
porta la guerra in casa, è sempre lo stesso e ha sempre lo stesso nome:
imperialismo.
Quello che è
successo non è una tragedia, ma un crimine.
giovedì 9 aprile 2015
mercoledì 8 aprile 2015
La rivincita di Arnaldo.
Arnaldo, nel 2001, aveva 62 anni.
Quella sera si recò alla scuola Diaz di
Genova per dormire, per riposarsi ma uscì fuori da quella mattanza
con contusioni alla testa, la frattura di una gamba, di un braccio e
la rottura di dieci costole.
Fu così brutalmente picchiato
che, nonostante gli anni trascorsi e i vari interventi
chirurgici subiti, ancora oggi patisce le ripercussioni per le percosse
ricevute allora.
In base al ricorso presentato proprio da
Arnaldo, una delle tante vittime del blitz alla scuola Diaz avvenuta il 21
luglio 2001, alla conclusione del G8 di Genova, la Corte europea dei diritti
dell'uomo ha condannato l'Italia per tortura, avendo riscontrato la
violazione dell'art. 3 della Convenzione che recita: nessuno
può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.
La Corte, quindi, oltre a qualificare il
blitz delle forze dell'ordine alla scuola Diaz come tortura, ha
constatato la violazione dell'art. 3 della Convenzione anche a
causa di una legislazione penale inadeguata sia per quanto concerne
le sanzioni contro gli atti di tortura che per le misure dissuasive in
grado di impedire una loro reiterazione.
Insomma, senza un quadro giuridico adeguato e
di strumenti legali capaci di punire adeguatamente i responsabili di atti
di tortura o di altri maltrattamenti, nessuna garanzia democratica è
attualmente esistente nel nostro paese per prevenire efficacemente il
ripetersi di tali e inaudite violenze.
Che in quei terribili giorni di Genova, lungo
le sue strade, nella scuola Diaz, nella caserma di Bolzaneto fino
all'uccisione di Carlo, fu messa in atto la più grande sospensione
dei diritti civili nel nostro paese dal dopoguerra, ricorrendo anche
all'esercizio della tortura, noi lo sapevamo, lo abbiamo sempre saputo e
lo abbiamo sempre denunciato.
Perché voi G8, noi 6.000.000.000 era lo slogan di quella
manifestazione di Genova 2001.
Voi difendevate gli
interessi dei mercati e delle multinazionali. Noi lottavamo per i beni comuni e la
redistribuzione della ricchezza.
Voi volevate
esportare la democrazia con le bombe. Noi lottavamo per un mondo dove la pace si
costruisce con una società di liberi ed uguali.
Voi volevate che la
globalizzazione neoliberista fosse il principio guida di ogni scelta. Noi lottavamo perché il liberismo fosse
fermato.
Voi volevate che le
merci e il denaro circolassero liberamente. Noi lottavamo perché questo diritto fosse
riconosciuto alle donne e agli uomini che fuggono da guerre e miseria.
Le nostre idee erano, e sono, così forti che voi per fermarci avete sospeso la
democrazia e usato persino la tortura.
Ma le nostre idee non si fermano, perché con la
violenza avete creato una società che fa schifo e che continuiamo a combattere.
Perché la ragione e il diritto stanno dalla nostra parte.
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