Sono
numerosi i lavoratori che ci hanno chiesto un nostro parere in merito alle
vicende che nei giorni scorsi hanno toccato da vicino la nostra
amministrazione.
Infatti, il
tema della corruzione è ritornata centrale nell’agenda politica, tutti i media
nazionali cavalcano questo argomento e fior fiori di intellettuali si spellano
le mani nel definire scandaloso, per esempio, il fatto che non sia stata
ancora approvata la legge anticorruzione.
Anche la nostra
amministrazione, come abbiamo già detto, è stata colpita da questi eventi,
così come da tempo l’intero “sistema Italia” delle grandi opere è al centro
delle vicende giudiziarie, dall'EXPO' a Roma Capitale, dai Rolex
alle assunzioni facili dei figli di papà, solo per citarne alcuni, quelli
più recenti.
Le vicende che ci
riguardano da vicino, hanno aperto un finto dibattito, di bassissimo
spessore, tra le varie correnti sindacali esistenti che, reciprocamente,
si gettano insulti utilizzando, entrambi, opportunisticamente i fatti
accaduti.
Una sorta di scontro
tra innocentisti e colpevolisti, tra garantisti e colpevolisti, tra buoni
e cattivi, tra chi mantiene in alto il nome dell’amministrazione comunque sia
e chi tende ad affossarlo a priori, con la conseguente accusa di
offendere, in questo modo, l’onorabilità di tutti i lavoratori del MEF.
Noi, non cadiamo in
questo tranello e, pertanto, non entreremo minimamente in questa grottesca
discussione evitando di esprimere giudizi nel merito su quanto è avvenuto; ma,
a scanso di ogni equivoco, e al fine di evitare i soliti sciacalli,
ribadiamo che solo l’autorità giudiziaria, a conclusione delle indagini,
sarà in grado di valutare la consistenza o meno delle accuse mosse nei
confronti degli indagati.
Quello che a noi
interessa, invece, è analizzare il “fenomeno corruzione” in un sistema
economico, come il nostro, di stampo prettamente capitalista.
Infatti, il fenomeno
della “corruzione dilagante” viene sviscerato, nella maggior parte dei casi,
come un fatto di malcostume di una classe politica e manageriale ormai corrotta
e da anni fuori controllo; peggio ancora, si sostiene che, tutto sommato, la
classe politica è lo specchio della società, dunque ad una società marcia
corrisponde una classe politica marcia.
Occorre,
innanzitutto, sfatare questo primo assunto.
La classe dominate
non è espressione della società civile, rappresentante della parte sana del
corpo sociale, ma è esclusivamente portavoce della grande borghesia
capitalista.
La corruzione,
quindi, per noi è semplicemente un fenomeno di trasferimento di capitale dallo
Stato alla borghesia; non è una causa ma un effetto.
La crisi strutturale
del capitalismo, la cosiddetta crisi di sovrapproduzione, spinge le classi
dominanti da un lato ad attaccare i diritti dei lavoratori e, dall’altro, a
recuperare quella che il “vecchio Carletto” chiamava “caduta tendenziale del
saggio di profitto” attingendo soldi direttamente dalle casse dello Stato.
Non potendo più
sperare che i cittadini consumino perché non hanno soldi, allora i soldi se li
prendono direttamente dalle loro tasche attraverso privatizzazioni e svendite
di patrimonio pubblico.
Per fare un esempio
molto semplice: se il capitalista “A” contrae un debito nei confronti del
capitalista “B”, un debito che non è in grado di ripianare a causa della crisi
(crisi sistemica determinata proprio dal sistema capitalista), può risolvere il
problema attingendo soldi dal forziere dello stato, ad esempio, corrompendo
pezzi dello stato affinché si realizzi un trasferimento di capitale verso il
creditore “B”.
Queste sono state le
dinamiche degli ultimi venti anni; ma c'è un problema.
E' evidente,
infatti, che il fenomeno della corruzione rappresenta un “costo” per la
borghesia capitalista, un costo da cancellare.
I vari intermediari
rappresentano sia una spesa che un rischio e, dunque, vanno fortemente
ridimensionati; per questo la classe dominante borghese tenta di
diventare direttamente classe politica e, dunque, senza opposizione
alcuna, avere la possibilità di trasferire risorse dallo Stato al capitale
scavalcando l’intermediazione costosa della corruzione.
E' in quest'ottica
che occorre leggere il progetto politico di alleggerimento delle funzioni dello
stato, della cosiddetta semplificazione sbandierata come innovazione e
modernizzazione, del confinamento in ambiti sempre più ristretti degli organi
di controllo statale per giungere persino ad una loro soppressione.
In questo si spiega
la “discesa nel campo della politica della classe borghese” ed è, anche in
questa logica, che rientra e va analizzato il fenomeno della corruzione.
Ma la vera domanda
è: si può arginare questo flusso di soldi dallo Stato al capitale se il governo
rimane un governo borghese?
Assolutamente no, è
chiaro.
E, in questo senso,
la legge anticorruzione, il decalogo o la rotazione della dirigenza a cosa
servirebbe?
Certamente a
tagliare le gambe ai faccendieri, alle lobbies e ai loro rappresentanti
politici gli unici ad ostacolare, ad emendare e a stravolgere i vari
disegni legge attualmente in esame perché, in realtà, non vogliono perdere
il potere acquisito nel tempo; ma non sarebbe di nessun contrasto al
dissanguamento di risorse pubbliche in favore delle classi dominati.
Quindi, già da
lunghi anni, conosciamo l'esistenza della corruzione che permea il nostro
sistema economico e sociale per cui, siamo abituati a dire che il capitalismo è
il sistema, fondato sul profitto privato e sullo sfruttamento dell'uomo
sull'uomo, che costituisce il naturale bacino di coltura e promozione della
corruzione.
Ma, allora, qual è
la soluzione per interrompere questo processo di progressivo impoverimento
dello Stato, risolvendo di conseguenza anche il problema ad esso ormai
secondario della corruzione?
Innanzitutto, a
nostro parere, riteniamo che non è possibile sconfiggere la corruzione se non
si elimina la causa principale: la proprietà privata dei mezzi di produzione ed
il conseguente sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Ma ciò non basta.
Il profitto privato,
il diritto all'arricchimento spropositato alle spalle della stragrande
maggioranza della popolazione a cui vengono riservate le briciole della
ricchezza prodotta, sono la molla determinante di esistenza e riproduzione di
tale sistema; il profitto, l'individualismo, l'egoismo e la
giustificazione di ogni sopraffazione, valori con cui vengono educati alla vita
sociale decine di milioni di esseri umani, sedimentano nella
coscienze un senso comune di condivisione.
E allora, perché
stupirsi dei fenomeni corruttivi?
Sull'altare della
ricerca del profitto, del guadagno spropositato, dell'esercizio del potere,
tutto viene sacrificato.
Dunque, ci vuole
qualcosa di più dei provvedimenti strutturali atti a sradicare il fenomeno
della corruzione; occorre combattere la causa che genera il fenomeno
corruttivo.
Occorre,
quindi, una grande e profonda battaglia ideologica e culturale fondata su
un sistema di valori e ideali: il principio della legalità, dell'uguaglianza,
del benessere collettivo, della produzione nell'interesse sociale,
ambientale e della giustizia che devono pervadere tutta la società, al
fine di creare un diverso senso comune, una diversa idealità ed etica sia
individuale che collettiva.
Un diverso senso
comune che deve cominciare a forgiarsi nelle lotte quotidiane, per costruire
un'opposizione non solo economica e sociale ma morale e spirituale, in grado di
lasciare il segno nelle menti e nei cuori degli sfruttati, degli oppressi e dei
vilipesi che, spesso senza speranza, subiscono ogni giorno le gravi conseguenze
della più feroce e violenta dittatura di classe borghese.
Queste sono le
condizioni e i terreni di iniziativa che ci spingono a dire che solo lottando
contro il capitalismo si potranno conseguire successi nella battaglia contro la
corruzione.
Queste sono le sole
condizioni per la costruzione di una società realmente nuova e pulita.