In un
paese non lontano dal nostro, l’Egitto, la settimana scorsa durante una
manifestazione non violenta, in un corteo dove si chiedeva "pane, libertà
e giustizia sociale", una giovane donna, Shaimaa Al-Sabagh, mentre posava
una corona di fiori ai piedi del monumento dedicato alla rivoluzione di Piazza
Tahrir, è stata uccisa, colpita davanti e dietro alla testa: è crollata tra le
braccia del marito, a fianco del suo bimbo in lacrime, colpita da proiettili di
gomma sparati a distanza ravvicinata.
Dalle immagini che riempiono la rete, si capisce facilmente chi sono i suoi
assassini.
Shaimaa, operaia, da sempre impegnata in difesa dei diritti dei lavoratori,
voleva lasciare un fiore a Piazza Tahrir, 4 anni dopo quel 24 gennaio 2011, un
fiore simbolico per ricordare milioni di persone che erano lì e lì son rimaste
per molto, chiedendo libertà, pane e una vita che si potesse chiamar vita,
quella che sappia anche solo vagamente cosa possa essere la libertà.
Insieme alla giovane attivista, sono rimaste uccise, sulle strade egiziane,
altre quattordici persone.
Piazza Tahrir, quindi, mette ancora paura: per questo Shaimaa è caduta a terra
uccisa.
Ma, oltre all'orrore per questa uccisione, ci ha colpito anche l'assoluto
silenzio che ha avvolto questa mattanza.
La notizia, infatti, è stata rilegata nella pagine in fondo dei media
nazionali, nessuna intervista o presa di posizione pubblica da parte dei
"politici" nostrani e dei cosiddetti rappresentanti della
"società civile".
Eppure, lo scorso 7 gennaio, tutto il mondo ha avuto un sussulto di
indignazione per l'attentato di Parigi in cui hanno perso la vita gli ormai
tristemente famosi vignettisti di Charlie Hebdo.
Tutto il mondo si è risvegliato magicamente dal torpore che lo avvolgeva.
Quel mattino, e nei giorni seguenti, camminando per strada, al lavoro, si
respirava aria di rivolta, tutti avrebbero fatto qualcosa, tutti avevano
qualcosa da dire.
Per giorni abbiamo visto cartelli, manifesti appesi ai muri, giornali e
magliette con la scritta "Je suis Charlie", tutti a correre alle
edicole per accaparrarsi una copia del giornale.
Anche tutte le anime belle della politica italiana si sono strappate le vesti
per il "diritto alla satira"; insomma, la condanna è stata unanime.
Quotidiani, riviste, telegiornali, qualsiasi programma radio o TV aveva
qualcosa da proporre; Parigi ha visto nelle sue strade la più grande
manifestazione di massa di tutti i tempi e i capi di stato si sono
"sgomitati" per conquistare la prima fila di quel corteo.
Dove sono finiti, oggi, dopo i fatti del Cairo e di Alessandria della settimana
scorsa o del geneocidio in Nigeria, i difensori dei diritti umani, i capi di
stato campioni di democrazia da esportazione?
Per questo noi non dimentichiamo, per questo noi non vogliamo dimenticare.
Perchè è nostro dovere almeno raccontare la verità e non voler essere partecipi
di una società anestetizzata fino in fondo all'anima, che si indigna "a
chiamata" dal padrone di turno, che non sappia più discernere il bene dal
male e che la pietà, il risveglio dal torpore avvenga solo se lo vogliono
i nostri burattinai.
La terra per te sarà un soffio di piuma, Shaimaa, sorella e compagna nostra,
fiore di libertà che così tanto è costato.
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